L’ho fatto davvero. Non ci credo. Tutta la vita ho sempre saputo che la bomba dentro di me sarebbe esplosa, ma non avrei mai pensato potesse succedere con lei.
Fin da piccolina, il Natale è sempre stata la mia festa preferita, più del compleanno addirittura.
Il semplice fatto di vedere tutte le lucine appese alle case e sentire il calore che trasmettevano al paese durante la notte mi faceva stare bene. Sentivo come se in quel momento il mondo si fermasse, per dare spazio alla bontà che c’è in ogni essere umano e che puntualmente in quel periodo dell’anno si affacciava alla finestra come la luce di prima mattina. Ma ovviamente, come ogni bambino, le cose le vedevo con occhi troppo distanti dalla realtà che quei piccoli occhietti non potevano neanche immaginare essere possibile.
Ora, dopo 20 anni, quella bimba che c’è in me non esiste più, e anche se mi impegnassi per ritrovarla, sarebbero tutti sforzi inutili.
È morta, ed io sono l’assassino.
Se le persone ragionassero per tutto il corso della loro vita con la testa di un bambino il mondo sarebbe un posto più semplice da gestire.
Niente emozioni complicate, se sei arrabbiata urli, se sei triste piangi, se sei felice ridi, se sbagli chiedi scusa. Questo è quanto. Questa è la vita vista da occhi ben diversi rispetto a quelli di un adulto.
Quando cresci, la magia svanisce, e la realtà distrugge i nostri sogni costringendoci a mutare in una persona opposta ai nostri ideali bambineschi.
Non è più facile suddividere le emozioni in 4 scompartimenti, i compleanni si fanno più malinconici e la magia del Natale se ne va.
O almeno questo è il mio caso.
Oggi, 07/12/2022 ho spezzato il cuore alla persona a cui non avrei mai pensato di fare del male.
Sono ormai 3 anni che mi riprometto di non andare a quello stupido pranzo natalizio con persone che vedo al massimo 3 volte l’anno.
Ho sempre pensato che il Natale vada passato con le persone più importanti per te, a casa, in pigiama, bevendo cioccolata calda mentre in tv danno tutti i film di Natale più belli.
E invece ogni anno ho sempre ceduto alle suppliche della mia famiglia. E ogni anno mi sono sentita a disagio andando ad un pranzo dove non sentivo lo spirito natalizio.
E oggi, ho deciso che non mi sarei fatta mettere i piedi in testa da nessuno quest’anno.
Avevo già detto svariate volte a mia mamma che non sarei andata a quel pranzo, e che loro potevano benissimo andare. Io sarei stata bene a casa. Dopotutto è da anni che sono sempre tra me e me, ma ovviamente nessuno se n’è reso conto, perchè per loro ridere e scherzare vuol dire stare bene, ma non sanno cosa mi è passato per la testa.
E oggi, ovviamente visto che mia madre non sapeva più come convincermi, ha mandato mia sorella, perchè lo sa che è il mio punto debole. E il fatto che lo abbia usato per persuadermi mi fa incazzare da morire.
Cerca di fare leva sulla mia coscienza, facendomi sentire in colpa per non essere riconoscente alla mia famiglia.
Ed è eccola li, la rabbia che sale, la stanchezza che si fa sentire su tutti i muscoli, le lacrime che mi salgono agli occhi perchè so già che quello che sto per dire le farà male, ma non posso controllarmi, non più, e soprattutto non ora.
Cosi premo il pulsante di invio e spengo lo schermo. Penso e ripenso a quelle parole che tagliano come una lama appena affilata: “Famiglia? No, sto bene da sola. Dovete lasciarmi stare.”.
Sento il telefono vibrare, e ancora un’altra vibrazione. Un’altra, e un’altra ancora. Ho paura ad accendere il telefono. So già la delusione che ci sarà nel suo tono, ma in questo momento sono cosi arrabbiata che non mi importa.
“Da quanto pensi questo di noi? Spero che tu stia scherzando, la tua famiglia c’è sempre stata quando avevi bisogno. Sentirti dire questo è di un egoismo!”
A questo punto non mi trattengo più. Sono un fiume in piena. Prendo il volante della macchina e inizio a tirargli pugni come se potesse farmi sentire meglio. Dopo trenta secondi mi impongo di riprendere il controllo, non posso permettermi errori alla guida.
“Eyes forward” questa frase per quanto possa essere tossica mi aiuta sempre a ricompormi quando non posso permettermi di crollare.
Non è l’avermi dato dell’egoista che mi ferisce, ormai ci sono abituata. Lo fate da anni, e anche se nessuno l’ha mai detto a voce alta finora, si percepiva dai vostri sguardi…ne’ tantomeno il fatto che abbia davvero osato dirmi che la mia famiglia c’è sempre stata. Ah ah ah, forte questa. Avrei voluto sputarle addosso tutte le volte in cui mi ha girato le spalle, ma sarebbe stato troppo difficile spiegare che essere famiglia non vuol dire solo esserci quando stai male fisicamente.
Quello che ha fatto male più di tutto è che mi ha chiesto da quanto tempo ho queste emozioni riguardo la mia famiglia. Il dolore che ha provato mentre mi faceva quella domanda, come se non si sentisse abbastanza per me, lo posso percepire a pelle.
Decido di non risponderle, troppe emozioni in così poco tempo. Devo metabolizzare tutto quello che è successo.
Decido di mettermi a fare qualche edit per passare il tempo. Fuori è troppo buio per andare a correre, anche se ne ho davvero bisogno. Ma dopo qualche ora sono ancora lì che ci penso ovviamente.
Come sarà quando domani la vedrò? Cosa dovrei dirle? Sento già l’imbarazzo che ci sarà tra noi.
Di scusarmi non ne ho la minima intenzione, non questa volta. Devono capire che non possono tenere unita una famiglia che non è mai stata una famiglia. Almeno per me. Ho dovuto sempre affrontare le mie emozioni da sola. Fin da piccola ci sono sempre stati tantissimi casini e io essendo la più piccolina venivo sempre accantonata perchè erano “problemi dei grandi”. Cosi io ascoltavo, capivo, immagazzinavo, e dovevo metabolizzare tutto da sola. E da allora non ho più smesso. Avevo un problema? Lo risolvevo. Ero in ansia? Loro non devono saperlo, tanto sono troppo occupati con i “problemi dei grandi”, posso gestirla da sola.
Ed ora chi è la cattiva della famiglia? Ovviamente io. Perché sono fredda, distaccata, e mi comporto come se non sentissi la famiglia unita. Ma come potrei dopotutto?
Forse sono semplicemente io a sbagliare. Sono un’irriconoscente e dovrei vergognarmi per aver detto quelle parole.
Sono io che ho una concezione sbagliata di famiglia. Magari famiglia è anche litigare, però sono convinta che non sia ignorare o ancor peggio, sminuire, i sentimenti di una persona.
Deridere qualcuno per le sue passioni, o i suoi hobby. Io pensavo che famiglia significasse sostegno incondizionato, e non mi sembra di averlo mai visto nella mia “famiglia”. Ma ovviamente sono sempre io a sbagliare.
Ed ora sono qui, sul letto, gli occhi che chiedono pietà per le troppe lacrime versate, il respiro affannoso, la nausea che si fa sempre più forte, e un disperato bisogno di essere inghiottita dal mondo.
In un limbo tra –ho ragione io– e –hai sbagliato tutto nella vita-, non so da che parte buttarmi.
Forse ho appena mandato a puttane tutta la mia famiglia per sempre, e probabilmente ho anche lasciato un segno indelebile su mia sorella. Sto malissimo al solo pensiero di averla ferita, ma io non ce la faccio più ad essere sminuita perchè sono diversa dai vostri standard, perchè ho una personalità particolare rispetto alla vostra, o perchè mi fisso troppo con cose non reali. Io sono cosi, a voi non sta bene, e lo avete reso ben chiaro.
Credete di conoscermi ma se vi raccontassi tutto quello che mi è successo negli ultimi tre anni so che rimarreste basiti.
Forse dopo stasera nulla sarà come prima, forse mi pentirò. O forse fra qualche anno mi ringrazierò per quanto successo stasera, riguardando il passato come una vecchia ferita di cui si vede solo il segno sbiadito della cicatrice.
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Grazie a chi è ancora qui a leggere nonostante la mia pochissima continuità nel pubblicare.
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